ROMANZO 3^F
A cura di Claudia e Sofia
15 settembre 2009 ,Londra
L’androne della scuola Charleston School viene inondata
da ragazzi e ragazze che hanno lasciato le elementari per avviarsi alla scuola dei “grandi”.
Sorridono ma nei loro visi si vede anche un po’ di timidezza e di paura, chissà
come sarà questo anno scolastico come si troveranno con il loro compagni e i
nuovi professori…
Ed ecco che la campana delle 8:25 suona , è un suono
strano diverso da quello della vecchia scuola. Da quel momento ogni singolo
alunno inizia la sua ricerca per trovare la propria classe. Il primo corridoio
che notiamo è quello dove ci sarà la1°E e la 1°F. Però prendiamo di mira i ragazzi che sono
davanti alla porta della 1°F.
Ma, da qui inizia il vero senso della storia…
Entriamo e vediamo tutti questi visi pieni di timidezza
e di paura… ma ecco già si vedono dei gruppi di ragazze che parlano; ci
avviciniamo e cerchiamo di capire di che cosa si parla.
Parlano dell’estate e di come l’anno passata da questo
si può capire che erano compagne di classe alle elementari .
C’è un gran trambusto in questa classe entrano nella
classe la prof.Tiziana Cascone e la prof. Maria Sgarioto...
TRE ANNI INSIEME
A cura di Marcello e Peppe
Era il primo giorno di
prima media ed io ero molto eccitato di incominciare un nuovo anno scolastico e
di conoscere nuovi compagni con cui avrei trascorso i miei tre anni di scuola
media.
Non sapevo ancora in quale
classe sarei stato mandato, né quali fossero i miei futuri compagni. Era
arrivato il momento del sorteggio e io non stavo più nella pelle. Fui
sorteggiato nella sezione F assieme ad altri 21 ragazzi e ragazze che, all’apparenza,
sembravano molto simpatici e che ora vi descrivo.
Mi trovai subito bene con
alcuni compagni che già conoscevo dalle elementari, ed erano: Peppe, Samuel, Paolo,
Rebecca, Micaela, Flavio e mia sorella Viola. Ma oltre a loro, che già conoscevo
da molto tempo, capitai in classe con: Noemi, Daniela, Andrea, Noemi Passalacqua,
Sebastiano, Flavia, Sofia, Claudia, Fiamma, Marika, Giulia, Isabella e
Ludovica.
Con alcuni dei nuovi
compagni riuscii a fare subito amicizia, invece con altri ci volle più tempo.
Noemi è una ragazza molto
bella, con i capelli mossi e gli occhi color marrone nocciola. Fin dal primo
momento capii che era una ragazza molto gentile e simpatica che scherzava
sempre.
Con Daniela feci subito
amicizia. Ha i capelli ricci, di color marrone scuro, e gli occhi marrone
scuro. Lei è una ragazza pazzesca. Non smette mai di parlare e, alla fine della
giornata, ti scoppia la testa.
Andrea è un ragazzo molto
intelligente che mette sempre al primo posto lo studio prima di qualsiasi altra
cosa ed è simpatico.
Noemi Passalacqua è una
ragazza che all’apparenza sembra che non parli molto, ma quando impari a
conoscerla diventa molto simpatica.
Sebastiano è un ragazzo
molto vivace, a volte simpatico e le altre volte molto insopportabile per il
suo comportamento.
Flavia, una ragazza molto
simpatica, alcune volte le accade che le prende un attimo di pazzia e inizia a
ridere e non smette più.
Sofia è una ragazza molto
altruista che si interessa sempre degli altri, è molto sensibile e generosa.
Claudia, una delle
migliori amiche di Sofia, è una ragazza spiritosa e abbastanza simpatica.
Fiamma è una ragazza
iperattiva che non lascia mai da parte lo sport ed è sempre in movimento.
Marika, all’apparenza mi
sembrava una ragazza molto silenziosa, ma quando l’ho conosciuta meglio ho
capito che era una ragazza molto simpatica.
Giulia, è una ragazza
insopportabile. Ci sono i momenti in cui è simpatica e momenti in cui mi
verrebbe di ammazzarla (i momenti in cui è simpatica durano molto poco).
Isabella è una ragazza che
non mi sopporta perché ogni volta che torniamo da scuola a piedi io suono
sempre ai campanelli del suo palazzo e lei si arrabbia molto, ma è lo stesso
molto simpatica.
E infine Ludovica, è una
ragazza di quelle che ti ricorderai sempre. Appena la conosci la prendi subito
in simpatia perché ragazze col suo carattere ne trovi ben poche. Fa morire dalle
risate e non si preoccupa mai di dire cose agli altri in faccia che li
potrebbero anche offendere. Ecco perché tutti la vogliono come amica.
Ora è iniziato da un po’
il terzo anno di scuola media e tutti siamo molto eccitati perché dopo quest’ultimo
anno di scuola media ci toccherà scegliere un indirizzo scolastico che sarà
molto importante per il nostro futuro, che viene scelto in base agli studi che
si vorranno intraprendere in futuro.
Ecco il primo giorno di
scuola. Non so chi l’abbia stabilita questa regola, ma si dice che alla
Quasimodo chi è in terza media, prima di entrare a scuola, dovrebbe sedersi
sugli scalini che si trovano prima dell’entrata. E quindi il primo giorno,
siamo arrivati tutti presto per occupare il posto sugli scalini.
Suonata la campana, tutti
siamo entrati in classe per scegliere i posti, io capitai assieme a Samuel. I primi giorni
eravamo tutti in tensione per due motivi:
- 1. conoscere alcuni professori nuovi, perché l’anno precedente se ne erano andati parecchi in pensione,
- 2. i computer. Tutti eravamo entusiasti per i nuovi computer che ci dovevano essere consegnati e non vedevamo l’ora di usarli…
TUTTO INIZIÒ COSÌ
…
A cura di Noemi C. e Daniela
Tutto iniziò così..
Era un giorno di settembre quando
io e la mia migliore amica ci svegliammo sapendo che era il nostro primo giorno
di scuola alle medie. Eravamo emozionatissime all’idea che avremmo conosciuto
nuovi compagni e che avremmo parlato con dei “professori” anziché maestri.
Arrivate a scuola, dall’emozione,
avevamo un grandissimo mal di pancia.
Ricordo che il bidello ci disse
che dovevamo andare in auditorium, che trovammo pieno di ragazzi emozionati
come noi.
Appena entrati, ci chiamarono per
nome e ci assegnarono alla classe “I F”; i professori si presentarono e ci
portarono a fare un giro della scuola, eravamo molto spaventate.
Dopo tornammo nella nostra classe
e i professori ci fecero fare alcuni giochi per imparare a conoscerci.
La nostra classe era conosciuta
come “la famosa I F”, perché eravamo una classe molto allegra e chiacchierona e
facevamo impazzire i professori, così che i professori di altre classi non
volevano venire a farci supplenza. Inoltre non eravamo tutti amici e ogni giorno
non mancavano liti e polemiche e per questo nostro comportamento non ci fu
permesso di fare la gita.
Questo meraviglioso anno passò in
fretta e fu così che iniziò l’estate, in cui riflettemmo sul nostro
comportamento e infatti arrivammo in seconda media molto più calmi.
La seconda media iniziò così…
Arrivammo a scuola molto felici,
entrammo in classe e trovammo i nostri compagni molto cambiati, eravamo tutti
più maturi e meno chiacchieroni dell’anno precedente.
Questo anno iniziammo a fare
amicizia con tutti e finalmente ci furono meno liti in classe, questo grazie
non solo all’estate che ci aveva fatto riflettere, ma anche grazie alle equipe,
che hanno contribuito molto a farci diventare una classe più unita.
La seconda media fu molto bella
perché, anche se di un giorno, facemmo la tanto attesa gita. A questa gita ci
accompagnò il fantastico professore Rizza, andammo a Catania per vedere il
castello di Acitrezza e di Acicastello, ci divertimmo molto, fu veramente una
giornata indimenticabile!!
Così anche la seconda media
finì e iniziò l’estate, che passammo molto bene con i nostri amici…
IL MURO DI SCUDI
a cura di Andrea
Mi guardai a ridosso del fiume, ero molto giovane non pensavo che già a vent’anni la paura di morire in una delle tante guerre mi portasse a bere birra fino a vomitare.
Decisi di fare una passeggiata per prendere dell’aria fresca; uscii dalla fortezza e mi avviai alla sponda del fiume ancora sotto il nostro controllo. I pagani danesi da tempo avevano iniziato a razziare villaggi ma dopo qualche anno si resero conto che l’Inghilterra erra una terra prospera dove valeva la pena lavorare la terra,anche se essa era paludosa o piena di colline e ciò non consentiva di arricchirsi; molta gente, di conseguenza, moriva di fame. Decisi di rispecchiare il mio viso nell’acqua limpida, poteva essere l’ultima volta che lo facevo.
Vidi un giovane imberbe che a malapena riusciva a sollevare una spada. Imiei capelli color corteccia e la mia carnagione pallidafacevano intuire che ero un mezzo sassone e quindi un prelibato spuntino per i Danesi. I miei occhi verdi prato e luccicanti come le stelle avevano smesso di brillare da tempo e il mio fisico diventava ogni giorno sempre più scheletrico per via delle poche scorte di cibo. Il nostro tane ci aveva fatto nascondere con quel poco che restava del suo piccolo esercito personale in una fortezza romana a ridosso del fiume. Le palizzate in certi punti mancavano,il fossato era in parte ricoperto di erbacce, i muri costruiti dall’antico popolo sistavano sgretolando. L’odore di morte si sentiva fin dal guado: l’aula del tane era un magnifico edificio caduto in rovina con il tetto di paglia.Molti edifici erano demoliti lasciando posto a capanne di legnoin cui dovevano vivere uomini, miliziani e donne si riunivano per sventare l’invasione nemica.
Eravamo ormai accerchiati, il nostrodestino era finito, non c’erano viveri, scoppiavano tremende risse all’interno del forte a causa del cibo che scarseggiava. I nemici, più di un centinaio, con una veloce nave, si stavano addentrando nell’insenaturaper attaccare la fortezza. I danesi avevano armature di cuoio. Noi invece eravamo armati di sole lance e forconi. Il castello sarebbe stato sicuramente espugnato…c’erano circa cento uomini a difenderlo e, considerando anche qualcheguardia personale del tane, saremmo riusciti a formare centodieci uomini. Di essi una trentina era impossibilitata a combattere per le febbri del periodo e soloventi uominisapevano combattere. I restanti erano un’accozzaglia di contadini venuti al castello per la leva di massa. Non avevano mai visto un’arma. Sapevano appena spaccare la legna e volevano tornare a casa. Io, seppur bravo con l’arco,ero comunque uno di quei contadini.
Passai interi mesi scanditi da allenamenti con bastoni per combattere, messe e turni di guardia. Fu allora,dopo qualche mese, che avvistai un messaggero ormai in fin di vita per le feriteallo stomaco.Sicuramente non era solo; come ci riferì in punto di morte,i suoi compagni erano morti per farlo scappare. Io lo portai nella sala delleudienze dove riferì il suo messaggio. Riferì che la fortezza vicina resisteva ancora e che aveva bisogno di aiuto. Il giorno dopo il messaggero morì. Fu allora che costruimmo un grande terrapieno per difenderci. Non ci fidavamo più di nessuno.
Qualche giorno dopo la venuta del messaggero,nel buio, una freccia colpì un soldato, i danesi erano arrivati… riciclammo tutto del suo armamento, prendemmo anche i suoi vestiti. Ame fu data la sua giubba di cuoio, molto logorata per la vecchiaiae con il foro della freccia. Così ero armato di lancia da cinghiale, che non era usata per combattimenti in un muro di scudi. Ebbi anche il suo pugnale, che era un moncone di ruggine. Il nemico ormai era alle porte,iniziarono a attaccarcisolo per farci finire le frecce. Decidemmo di mettere fuori i cani per una sera per far sì che si riuscisse a sentire il nemico, ma l’indomani li trovammo decapitati a ridosso delle mura. Passavano giorni e le sortite continuavano senza risultato. Decisero allora di prenderci per la fame. Allora noi indossammo le armature e andammo a messa. La messa fu solenne,poichéparte delle persone sarebbe morta in battaglia. Mangiammo un pasto povero, visto la scarsità di viveri. Il tane pensò di sfinire i nemici con la strategia “mordi e fuggi” e poi di notte attaccare. Eravamo in cinquanta mentre i nemicierano in sessanta circa. Noi però avevamo dietro le donne che nel campo di battaglia dovevano depredare i morti e spostare i feriti. Il tempo ci fu a favore e riuscimmo a non affondare nel fango per via delle nostre armature leggere. Allineammo gli scudi ma all’inizio non avanzammo molto. In un muro di se non si era sbronzi, ti si contorcevano le budella per la paura. E nel nostro caso eravamo molto sobri e ci facevamo la pipì nei calzoni pensando di affrontare un muro di scudi. Ci fece correre il tane dicendoci che avrebbero fatto schiavi i nostri figli, dormito le nostre case coltivato le nostre terre. Raggiungemmo velocemente il nemico il quale fu colto di sorpresa. Per unattimo riuscimmo a sfaldare il muro di scudi del nemicoeriuscimmo a uccidere qualche uomo con l’impatto. S’iniziarono a sentire i primi lamenti da ambedue le parti. Il nemico però riuscì, a riorganizzare le sue fila e in quel momento iniziò la vera battaglia. Quella che mi ha fatto diventare un guerriero. Io riuscii a mettermi in prima fila e mi vidi arrivare un guerriero con l’aspetto da gigante. Usava un’enorme ascia, riuscì così a spezzare in due l’asta della mia lancia con un solo poderoso fendente. Indietreggiai proteggendomi con lo scudo facendo avanzare un compagno fino a quando una donna mi diede un’ascia. Vidi quell’uomo che prima mi aveva affrontato, seminare morte con i suoi fendenti. Sembrava danzasse sul nemico e ripeteva strane frasi in danese. Allora mi riavvicinai a lui e, mentre stava staccando la sua poderosa ascia dalla testa di un mio compagno, decisi in uno scatto d’ira o forse istintivamente di vibrare colpi alla cieca, riuscii a staccargli il braccio armato. Quel fendente fu così potente da farglielo cadere di netto. Mentre assisteva alla sua fine, il mio nuovo compagno lo colpì al ventre e cadde di botto. Arrivò un altro uomo, stavolta meno esperto del primo, ma pur sempre letale. L’uomo vicino a me cadde con un fendente poderoso che gli perforò una giubba di cuoio trapassata da parte a parte. Io, approfittando della situazione, gli vibrai un colpo mortale. Quell’uomo peròprima di morire riuscì a vibrarmi un colpo anche lui, ma talmente debole da scalfirmi la giubba di cuoio. Arrivò un altro uomo che per poco riuscì trafiggermi, ma un uomo vicino a me gli piantò un fendente nella scapola e lo tenne a bada.
Allora affrontai l’uomo e riusciia rompergli la lacerata giubba di cuoio. La battaglia continuò così per cinque minuti. Poi si levò in aria l’urlo del trombettiere:
- Ritirata, ritirata, sbrighiamoci prima che ci massacrino tutti…
Solo in trentadue riuscirono a tornare al castello. Io riuscii a depredare un corpo di un danesedi una cotta maglia che si rilevò molto pesante. Stava cominciando a piovere e il terreno,già coperto di sangue,si fece molto fangoso. La battaglia era stata una vera disfatta avevamo perso quasi la metà degli uomini ed erano morte due delle guardie tane. Ma così era la guerra…
LA NUOVA VITA A …
a cura di Flavia e Micaela
Azzurra era nata in un piccolo paesino della Francia vicino Parigi.I suoi capelli erano lunghi color nocciola scuro, con qualche boccolo che scendeva legato con un fiocchetto rosso; gli occhi erano luminosi come le stelle, le sua labbra rosse come una mela e la sua pelle liscia come la seta.
Azzurra era una bambina particolare, aveva un carattere timido, dolce ma misterioso; anche se i suoi occhi erano pieni di gioia, dentro di sé era triste perché non si sentiva capita dagli altri.
La sua famiglia era benestante. Il padre aveva circa 38 anni, era un uomo di classe, lavorava in banca e non era mai a casa.
La madre era una donna molto sofisticata, sui 35 anni, lavorava in una casa di moda molto famosa ed era sempre impegnata.
Azzurra andava in 5a elementare, ma nessuno la considerava perché gli altri erano invidiosi della sua ricchezza e bellezza. Per i suoi 11 anni nessuno si ricordò del suo compleanno e quando i suoi genitori tornarono a casa lei si mise a piangere raccontando che non la considerava mai nessuno e che si erano dimenticati anche del suo compleanno; così disse che li avrebbe perdonati solo se si fossero trasferiti in un'altra città.
Dopo tre giorni partirono per la Svizzera. In aereo incontrò una bambina che si chiamava Charlot. Charlot aveva la sua stessa età, i capelli biondo miele e ricci come dei trucioli, gli occhi azzurri come il cielo e le labbra rosse e carnose; aveva un carattere socievole e simpatico. Charlot si fece coraggio, si avvicinò ad Azzurra e, parlando, fecero amicizia. Arrivate in Svizzera si dissero “ addio” pensando di non rivedersi più.
Il giorno dopo invece si incontrarono a scuola e Charlot la fece conoscere ai suoi compagni di classe con cui socializzò subito. Charlot si accorse subito di un ragazzo che la colpì molto; si chiamava Lorenzo era alto magro con i capelli castani e lunghi quasi davanti agli occhi. Fecero subito amicizia e Lorenzo si accorse dell’interesse di Charlot così si fece avanti e le disse…
UN’AVVENTURA A SCUOLA
a cura di Viola e Fiamma
C’erano una volta quattro ragazzi:
Alessandro, Giulio, Daniela e Carla.
Alessandro era un ragazzo alto, magro, con i capelli corti e il ciuffetto in aria, aveva gli occhi castani, luminosi e solari. Era un ragazzo molto timido, amava il basket ed era sempre pronto ad aiutare i suoi amici.
Giulio era un ragazzo basso, magro con i capelli corti e la frangetta, aveva gli occhi castano chiaro che trasmettevano dolcezza. Era un ragazzo molto solare a cui piaceva molto scherzare e fare tornare il buonumore alle persone. La sua passione era il calcio e la sua squadra del cuore era l’ Inter.
Daniela era una ragazza dai capelli biondi, lunghi, con un ciuffetto che le ricadeva sempre sugli occhi azzurro cielo. Lei era una ragazza che curava molto il suo aspetto e che aveva molti corteggiatori. Il suo sport preferito era la danza che praticava da otto anni, infatti era riuscita a vincere tanti trofei.
Carla era una ragazza molto bella, aveva dei lunghi capelli lisci e castani. Aveva dei grandi occhi a mandorla che avevano la capacità di attirare qualsiasi persona. Lei era una ragazza molto timida che riusciva ad aprirsi solamente con le persone più fidate. Praticava il nuoto, era molto portata e infatti aveva vinto molte competizioni.
Questi quattro ragazzi erano molto amici e frequentavano la stessa scuola ( IG school).
Un giorno durante la solita noiosa lezione di matematica, durante la quale tutti sonnecchiavano sui banchi, entrò il preside che disse di dover fare un annuncio: di lì a breve ci sarebbe stata una gita, lunga una settimana, a Parigi.
Alla fine della scuola, i quattro ragazzi si riunirono per decidere cosa portarsi per il viaggio. Alessandro propose di vedersi il pomeriggio tutti insieme a casa sua. Gli altri accettarono con piacere e si diedero appuntamento alle tre e mezza.
Alessandro, giunto a casa, pensava a qualcosa di buono da preparare per i suoi ospiti. Ad un certo punto la mamma entrò in camera e gli chiese se voleva che preparasse una torta al cioccolato. Lui acconsentì e le disse di farne anche per i suoi amici.
Il pomeriggio arrivarono Giulio, Daniela e Carla.
Si sedettero attorno a un tavolo presero un foglio e cominciarono a scrivere le cose da portarsi durante il viaggio. Dopo aver fatto la lista e mangiato la torta, se ne andarono ognuno a casa propria.
Dopodiché i giorni passarono sempre più monotoni fino a quando non arrivò il giorno precedente alla partenza.
La professoressa disse che l’incontro era prefissato per le tre del mattino.
All’ uscita della scuola, Giulio diede agli amici un appuntamento alle venti davanti casa sua.
Arrivata la sera, arrivarono Alessandro, Daniela e Carla, emozionati con le valigie in mano.
Verso le due partirono e arrivarono all’entrata della scuola.
Alle tre in punto salirono sull’ autobus e partirono.
I quattro amici presero i posti l’uno accanto all’altro fantasticando e immaginando come sarebbe stata questa vacanza…
Un’amicizia complicata
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A cura di Isabella e Giulia
- Carlotta La Cognata e Lucia Tidona, siete state assegnate alla classe 1aF.
Wow! Eravamo alle medie …
Tutto era diverso: i professori, i compagni … ma io e Lucia eravamo insieme, ancora una volta, dopo aver passato i tre anni delle materne e aver superato gli ostacoli delle elementari, insieme avevamo raggiunto le medie. Non è stato facile restare unite dopo i tanti litigi, ma la nostra amicizia era più forte di tutte le difficoltà che potessimo incontrare. Noi eravamo sicure che insieme avremmo superato anche questo triennio, nonostante gli ostacoli che si sarebbero presentati durante il nostro percorso.
Primo giorno di scuola:
Prese dalla paura ci prendemmo per mano e “insieme” entrammo in classe. Non conoscevamo nessuno, a parte i compagni che con i quali frequentavamo le elementari.
L’insegnante che ci accompagnava in classe era la professoressa di musica. Ci mise subito a nostro agio, la paura ci era passata e subito cominciammo a fare conoscenza con i ragazzi e le ragazze della classe; iniziammo subito a fare dei giochi educativi, con la direzione della professoressa, per imparare i nomi e per sapere di più sulla vita dei nostri compagni.
All’uscita della scuola non vedevamo l’ora di riabbracciare i nostri genitori. Tornate a casa, entusiaste delle nuove conoscenze sia dei professori che dei compagni, raccontammo loro tutto. Poco dopo ci preparammo lo zaino e andammo a dormire aspettando il nuovo giorno …
quanti ricordi.....!
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